Monk al Monk

ROMA 10 Marzo 2022

Via Giuseppe Mirri, 35

MONK spazio cucina

MONK-Gravity of a language

Marco Colonna Drawing Path Trio

In un momento in cui il Mondo intero si interroga sull’equilibrio fra forme di controllo, libertà individuali, coscienza economica e tutto quello che concorre a contenere l’emergenza sanitaria, sociale e umana dovuta alla pandemia da Covid 19, arriva una commissione da parte di Saro Lanucara, mente e agitatore culturale della capitale, per un omaggio a Thelonius Monk. Il gioco di parole intorno allo spazio che ospita la prima di questo lavoro ed il compositore e jazzista afroamericano (Lo spazio è il Monk…)  declina l’evento in un gioioso ed eccentrico Monk al Monk…

Come musicista non riesco ad immaginare qualcosa senza una profonda riflessione su poetica e azione. Non sono un jazzista ( o almeno non riesco ad associarmi completamente ad un’estetica che rispetto e amo, ma che non sposo come mia) e sarebbe la cosa più lontana dall’essere onesto  eseguire un repertorio, magari saccheggiando  la splendida storia delle interpretazioni dello stesso, rendendo la figura di Monk “normale”, sicura, sotto controllo.

Per cui il lavoro che presenteremo sarà un profondo atto di amore per una figura non classificabile, fuori da ogni contesto di catalogazione, sul confine fra genio, patologia psichiatrica, rivalsa razziale. 

Il primo interrogativo si basa su come organizzare i materiali propri del compositore, pianificando un ambiente in cui poter agire senza coordinate preordinate, vivendo le scelte di relazione e sviluppo nel momento, nello spazio e nel tempo dell’esecuzione. 

Di per sé pensando ad un concerto “live” in questo periodo il tutto sa di grande eversione. In fondo, siamo abituati a vivere le relazioni sotto un severo controllo e negli ultimi due anni non si fa fatica a definirlo “estremo”. Non percepiamo i confini dei volti, possiamo partecipare alla vita sociale solo dopo l’esibizione di un “pass”, abbiamo visto sacrificare gli spazi della cultura come non necessari, abbiamo delegato al controllo l’”esperienza” e non è difficile avere la consapevolezza che questa sia l’attuale struttura di relazione quotidiana e reale.

Essendo convinto come artista che il nostro compito è proporre azioni eversive, almeno per proporre un confronto reale con quello che viviamo, interrogo  profondamente e dall’interno, il processo creativo. Come parlare di libertà se agiamo nel controllo? Come poter agire in maniera rivoluzionaria se non facciamo permeare queste azione di uno spirito rivoluzionario?  L’unica soluzione è agire dentro le strutture di organizzazione. Pretendere dai musicisti la scelta, e non che eseguano ordini oppure seguano percorsi, ma che provino a tracciare strade dove non c’erano prima. Questo avviene attraverso il segno, la combinazione fra elementi semplici ed altri complessi, materiali di notazione tradizionale ed altri espressamente visivi. Chiedere di scegliere attraverso  l’immaginazione a cui lo stesso Monk ha dedicato la sua totale esistenza, costruendo un suo linguaggio fatto di gravità, di peso e di attrazione. A tutto questo, questo lavoro cerca di rispondere. E lo fa grazie ad un gioco di parole, e la cosa mi sembra di per sé una splendida combinazione di eventi, un atto eversivo e in fin dei conti, uno splendido atto rivoluzionario.

Un Mondo che mi sorprende

Difficile pensare a questo periodo come un tempo della sorpresa.

Ho l’impressione di vivere una ridondanza continua, il perseverare negli errori dell’uomo, la perenne difficoltà alla sopravvivenza, un’etica impoverita e una sensazione di scoramento, di distanza, di lutto che non mi abbandona facilmente. Le immagini di una guerra vissuta come lo spettacolo del momento, le parole inutili, spese in analisi sterili e tronfie tipiche di chi non sta rischiando nulla. Il conto della vita umana rapportata al costo del litro del carburante, il costo dell’immaginazione deturpata di una narrazione oscena, a cui tutti siamo assuefatti.

Abbiamo deciso come NES di organizzare una serie di incontri di musica improvvisata nello spazio Ibidem. Tutti i martedì per due mesi. Abbiamo cominciato ieri con un set coordinato dalla giovane cantante Giulia Cianca. Con me e Giulia c’erano Giusy Bulotta e Luca Venitucci.

Mi sono stupito nel vedere le persone arrivare, tante e assiepate in uno spazio non grande che profumava delle grandi occasioni. Amici, colleghi, persone curiose che passavano da Roma per un paio di giorni. Per presentare la serata ho cercato di spiegare perché privilegiare la musica improvvisata in questa rassegna. L’improvvisazione è credere di poter costruire qualcosa utilizzando la fragilità, il non controllo, l’accettazione del momento e la sua trasformazione creativa. L’improvvisazione è fatta da persone prima che da musicisti, e con il loro senso etico ad essere struttura di relazione, materia prima del suonare insieme. E’ esercitare l’immaginazione, e farlo nel momento, come pratica condivisa con il pubblico. E’ donarsi, il più profondo atto di amore che io conosco. Ed il concerto è stato questo, con i suoni fragili di un set completamente acustico, fatti di soffi, respiri, armonie instabili, pulsazioni naturali, abbiamo costruito senza pausa architetture di suono, contrasti e soluzioni. Senza limite se non quello della concentrazione, del rispetto e dell’amore per l’altro. E mi stupisce ancora pensare a quella sala piena, al silenzio e l’attenzione del pubblico, al rispetto che ci hanno dimostrato.

Ritornavamo a casa, e le strade, nella mia zona, sono vene di asfalto in un cuore di terra brulla ancora.

Un’istrice al centro della strada ci ha colto di sorpresa, imponendo per un attimo di sospendere il respiro e ammirare la Natura che ai margini dell’uomo trova il suo modo di sopravvivere.

E ricucire quello strappo è necessario, ma per oggi la consapevolezza che questo tempo possa custodire ancora sorpresa mi basta, e mi spinge avanti.

PASOLINI

A Pierpaolo Pasolini. Le Ceneri del mio tempo, è una partitura grafica che sviluppa un progetto nato nel 2009, e che continua ad interrogarmi sulla figura di Pierpaolo Pasolini. La sua logica ferrea, la lucidità, il complesso apparato delle sue contraddizioni. La bellezza del suo cinema, la necessità delle sue analisi. A 100 anni dalla nascita era necessario ripercorrere il senso di questo lavoro insieme a Luca Corrado, con cui eravamo sul palco nel 2009 insieme a Benat Achiary e Bruno Angeloni a presentare la prima di questo lavoro, e Giulia Cianca, voce splendida dell’oggi e della New Ethic Society.

Il lavoro che non si ferma mai

Con New Ethic Society abbiamo pubblicato i primi tre lavori. E’ esaltante questa avventura che tira le somme di dieci anni di autoproduzione e li rende uno strumento di articolazione di pensiero. Non ultimo la possibilità di essere solidali con una Onlus (Si Può Fare), il cui lavoro serve a costruire presidi sanitari e strumenti educativi in Burkina Faso. Questo con la suite POST COLONIAL BLUES che prende vita intorno le parole che  Thomas Sankara ha pronunciato l’indomani della rivoluzione in Alto Volta che porterà quel Paese ad essere il Burkina Fasu.  La selezione usata nella suite la riporto qui:

 Non pretendo qui di affermare dottrine. Non sono un messia né un profeta; non posseggo verità. I miei obiettivi sono due: in primo luogo, parlare in nome del mio popolo e poi, arrivare ad esprimere, a modo mio, la parola del “grande popolo dei diseredati” e dire, anche se non riesco a farle comprendere, le ragioni della nostra rivolta.

Hanno calpestato le verità del giusto. Hanno tradito la parola di Cristo e trasformato la sua croce in mazza. Si sono rivestiti della sua tunica e poi hanno fatto a pezzi i nostri corpi e le nostre anime. Hanno oscurato il suo messaggio. L’hanno occidentalizzato, mentre per noi aveva un significato di liberazione universale. Abbiamo scelto di rischiare nuove vie per giungere ad una maggiore felicità. Abbiamo scelto di applicare nuove tecniche e stiamo cercando forme organizzative più adatte alla nostra civiltà, respingendo duramente e definitivamente ogni forma di diktat esterno, al fine di creare le condizioni per una dignità pari al nostro valore.(…) Le donne in lotta proclamano all’unisono con noi che lo schiavo che non organizza la propria ribellione non merita compassione per la sua sorte. Questo schiavo è responsabile della sua sfortuna se nutre qualche illusione quando il padrone gli promette libertà. La libertà può essere conquistata solo con la lotta e noi chiamiamo tutte le nostre sorelle di tutte le razze a sollevarsi e a lottare per conquistare i loro diritti. Bene, mi faccio portavoce di tutti coloro che invano cercano un’arena dalla quale essere ascoltati. Sì, vorrei parlare in nome di tutti gli “abbandonati del mondo”, perché sono un uomo e niente di quello che è umano mi è estraneo. (…) Ho viaggiato per migliaia di chilometri. Sono venuto qui per chiedere a ciascuno di voi di unirvi in uno sforzo comune perché abbia fine l’arroganza di chi ha torto, svanisca il triste spettacolo dei bambini che muoiono di fame, sia spazzata via l’ignoranza, vinca la rivolta dei popoli, e tacciano finalmente i suoni di guerra, e che infine si lotti con una volontà comune per la sopravvivenza dell’umanità.” (T.Sankara)

Ecco  che a rileggere queste parole il perché di questo incessante lavoro mi appare chiarissimo. Non c’è il tempo di aspettare, questo è il tempo per “fare”, “sbagliare”, “costruire” e “amare” le cose che ci sono care, i luoghi che ci hanno reso quello che siamo, le persone con cui camminiamo. Ed è il tempo di condannare, resistere, opporci a tutto quello che non è umano. Ovviamente la guerra, il cui alito siderale non ha mai smesso di soffiare e che oggi prende la ribalta dell’informazione a causa di uno scellerato mitomane.  Ancora la fame, le malattie, lo sfruttamento di essere umani da parte di essere umani (schiavitù, prostituzione, sfruttamento del lavoro minorile e diritti dell’infanzia), lo sfruttamento del sistema sull’essere umano (lavoro, desertificazione dei rapporti personali, mutilazioni emotive, disagio) , lo sfruttamento del sistema sull’insieme dei valori culturali (impoverimento del linguaggio, morte della poesia, rispetto della comunità, assenza di solidarietà, assenza di empatia, assuefazione alla violenza, sessismo, reificazione dei rapporti) , lo sfruttamento del sistema sull’eros (deturpazione della bellezza, annullamento dell’ingenuità, colpevolizzazione dell’originalità, vessazione dell’intimo, brutalità emotiva, coercizione nell’insegnamento, violenza verbale, violenza comunitaria, marginalizzazione). 

E non abbiamo tempo. Il Mondo cambia, e non in meglio per noi. Le condizioni climatiche che hanno accompagnato l’ascesa evolutiva dell’essere umano ci comunicano che il nostro tempo impone di preservare e non più raccogliere. Impone di curare, non di ferire. E’ una lezione che stentiamo a comprendere, ma appare incontrovertibile: se curiamo le persone, loro si prenderanno cura le une delle altre. Ed insieme si potrebbero finalmente prendere cura del luogo in cui vivono. Il nostro ruolo di artisti è prenderci cura quindi, il nostro ruolo di cittadini è prendere parte, il nostro ruolo di lavoratori è di emanciparci, il nostro ruolo di intellettuali è di essere critici, il nostro ruolo di sognatori è di immaginare.

E se dovessimo scomparire da questo Pianeta, almeno lo faremmo leggeri, senza il brutale peso di essere stati gli idioti che da Dei hanno finito per essere i parassiti della loro casa.

Appuntamenti per la prossima settimana

Tre appuntamenti in fila questa settimana per la New Ethic Society.

L’ 8 Marzo il primo appuntamento che ci vedrà occupare bonariamente gli spazi di Ibidem Aps (Roma-Via mirandola 21) tutti i martedì di Marzo ed Aprile.

Un musicista che raduna un gruppo di improvvisatori e coordina un concerto, in una formazione inedita e che verrà registrata e poi proposta in una serie documentale attraverso i nostri podcast.

Per il primo giorno Giulia Cianca invita Marco Colonna, Luca Venitucci, Giusi Bulotta.

IL 9 Marzo saremo con L’ Ombra Dei Suoi Passi presso lo spazio Moby Dick (Via Edgardo Ferreti 3a) a Garbatella in un pomeriggio dedicato alle persecuzioni di genere, serata patrocinata dal Municipio VIII ed organizzata da NES insieme all’ANPPIA (Associazione Nazionale Perseguitati Politici Italiani)

Finiamo il 10 Marzo al Monk, con un progetto su commissione “Monk al Monk” con un inedito trio fra me, Andrea Biondi (vibrafono) e Mario Cianca (contrabbasso).

PODCAST per New Ethic Society

Ho deciso di curare un podcast (o un mix diciamo) delle attività recenti della New Ethic Society e dei musicisti coinvolti.

Lo si può ascoltare qui:

Abbiamo scelto sia registrazioni in studio con qualche succosa anteprima, come per esempio il nonetto delle Invisibili Città che sarà edito da Folderol e dovrebbe uscire nelle prossime settimane ad accompagnare un libro veramente molto importante per me, un paio di assaggi dalle prime uscite per NES (omaggio a Mingus ed il duo con Francesco Cigana) che ricordo potete trovare qui:

https://newethicsociety.bandcamp.com

e alcuni estratti degli incontri legati all’improvvisazione realizzati autonomamente o nello spazio Ibidem.

Molti i musicisti coinvolti :

Andra Biondi : vibrafono

Cristian Lombardi : percussioni

Francesco Cigana : percussioni

Luca Corrado : susafono

Giorgio Tebaldi : trombone

Mario Cianca : contrabbasso

Luca Venitucci : piano e fisarmonica

Matias Guerra : chitarra elettrica

Fabio Sartori : piano

Fabrizio Spera : batteria

Eugenio Colombo : flauti

Claudio Martini : fagotto

ed ovviamente il sottoscritto a clarinetti e sassofoni. E’ un modo per presentare il ribollire di un periodo in cui il pensiero si fa azione, e che scatena molta energia di cui sono orgoglioso e fiero. Proviamo a ricostruire, a prendere le distanze da molte cose, ad essere indipendenti ed eticamente attenti alle cose del Mondo. In primis chiediamo a noi stessi il rigore necessario a mantenere un’idea, mantenere il timone su una rotta di onestà intellettuale e di ricerca artistica.

Azione che si cristallizza in otto incontri organizzati nello spazio Ibidem tutti i martedì, che vedranno un musicista a dirigere un ensemble di musica improvvisata ogni volta nuovo e creato con i musicisti che si trovano nel gruppo New Ethic Society.

Qui il programma di Marzo :

Non rimane che invitarvi a partecipare, a condividere l’entusiasmo e la sana follia di questo gruppo di artisti.

Report sul campo: Ibidem session

Eccomi a riflettere sul risultato del concerto di ieri sera realizzato insieme a Fabrizio Spera e Mario Cianca fra le mura di Ibidem. Anteprima della serie di concerti che vedranno la New Ethic Society agire nel locale romano per tutti i martedì di Marzo ed Aprile stimolando incontri legati all’improvvisazione.

Numerose sono le considerazioni. Dall’interno la musica del trio probabilmente ci ha regalato molte cose su cui pensare, la cui valenza probabilmente è preclusa a chi ha ascoltato la performance.

Ma quale punto di vista migliore per raccontare un concerto che quello di chi lo ha vissuto dal palco? Perché non cominciare a raccontare la musica per come si vive, invece che aspettarsi che la narrazione esterna possa svelare l’intimità reale della condivisione avvenuta fra musicisti? Ci provo, senza poter garantire nulla…

Ci troviamo tutti d’accordo nel percepire (a freddo…cioè questa mattina…) la percezione di una performance compositiva associabile al respiro. Naturale, senza costrizioni di pensiero, senza azioni coercitive sul materiale proposto, ma in completa simbiosi. E alla fine del concerto l’energia era raddoppiata dentro di noi. Sentivamo una profonda relazione con il “suonato” e con il racconto.

Il concerto si è dispiegato in 58 minuti di musica improvvisata, e non credo sia tanto comune non aver percepito mai l’idea di stagnazione. Era perfetto l’equilibrio delle parti, i ruoli impersonati dai singoli in una costruzione comune. I primi dieci minuti sono stati suonati ad una pressione e tensione considerevoli. Tale da annichilire probabilmente il pubblico. Ma considero anche che ieri il Mondo si è svegliato guardando un’ alba di sangue. Realisticamente il racconto dell’inizio di un periodo di guerra vicino a noi che ci riguarda e che, dopo due anni di pandemia globale, annichilisce ancora di più il senso dell’ “altro” come “amico”. Evidente che sia entrato nella mia (e nostra potrei dire) immaginazione. E quell’inizio brutale, con la tensione che per dieci minuti non ha ceduto un passo, mi riporta alla sensazione di impotenza e volontà di reazione all’ennesima prova della stupidità umana.

Il concerto poi si è avventurato in ambiti in cui il silenzio, si è fatto portatore di sospensione, avventura, e numerosi sono stati i momenti in cui le architetture del “niente” si sono fatte solide radici di senso. Come dire lo sguardo alla guerra che si rifrange contro lo spirito della sensibilità, dell’appartenenza, dell’amore. Amore per la propria essenza che in musica si relaziona ai materiali sonori “agiti” nello spazio della composizione musicale. Una nuova coscienza microtonale (per me), una virilità e affermazione fresca ed emozionata (Mario) ed il racconto del ritmo, della pulsazione e della danza (Fabrizio) gli assi di questa proposta di “specchio” su cui guardare il Mondo che ci circonda. Specchio che si infrange con la coscienza che non ci si può fermare ad immaginare, perché la guerra fuori non condivide lo spazio dell’immaginazione, ma vive nello spazio della brutale realtà. Per cui durante il cerchio del concerto, la chiusura richiama la brutalità iniziale, ma imperniata su una matrice melodica molto più forte, pentatonica e Ayleriana.

Chiaro che nell’improvvisazione non c’è un tracciato definito prima. C’è costruzione di un passaggio fra la foresta del possibile. Per una volta questa azione ci ha visto respirare insieme, superando ed erodendo confini, e in qualche modo consegnandoci un atto di estrema purezza e quindi di grande onestà comunicativa verso lo sparuto pubblico. Soprattutto di estrema onestà verso l’arte come “luogo” in cui il possibile è tanto vero tanto lo è il “reale”. Ed entrambi si confrontano proiettando possibili narrazioni di trasformazione.

E’ la culla di un pensiero capace di cambiare le cose. Ne sono sempre più convinto.

GUERRA

Non ci sono parole. Ma solo la consapevolezza che la guerra non è un errore. Non è una strada da percorrere è solo qualcosa che andrebbe cancellato dalle lingue del Mondo. Non ci sono scuse, ne motivazioni. Niente è accettabile come ragione di esistenza di qualcosa a cui, come esseri umani, dobbiamo rinunciare.

IBIDEM e NES

Grazie alla collaborazione con lo spazio Ibidem Aps, a Roma negli spazi che furono del Ventotto di Vino, si è inaugurata una serie di concerti legati alla musica improvvisata che finalmente prova a ricavarsi uno spazio nella capitale dove, a causa della pandemia, spazi per organizzare “cose” latitavano da un bel pò. Ed il tutto nasce come collaborazione fra New Ethic Society e lo spazio Ibidem.

Il primo incontro mi ha visto salire sul palco con Andrea Biondi al vibrafono, Mario Cianca al contrabbasso e Renato Ferreira al sax tenore. In pieno spirito di apertura il gruppo non aveva mai suonato insieme e si è lanciato in una lunga composizione estemporanea di 50 minuti alternando momenti di profonda liricità con momenti meno formali e più rumoristici. Interessante l’incontro con Renato che si è trasferito a Roma da Amsterdam proprio subito prima della pandemia. Musicista interessante (che so essere anche contrabbassista) e una risorsa per questa musica a Roma.

Si prospetta una serie di incontri fra marzo e aprile, presumibilmente il martedì. Il primo sarà l’8 marzo, con incontro ancora da stabilire, in quanto la volontà è quella di costruire un momento di incontro e lavoro sulla pratica improvvisata, in cui poter far incontrare generazioni, e testimoniando una visione che renda giustizia ad una forma d’arte la cui complessità è pari solo alla bellezza effimera che riesce a creare.

Marco Colonna

New Video

Con New Ethic Society abbiamo un gruppo di lavoro che spazia fra musica, letteratura, video…E grazie allo sforzo congiunto e di continua collaborazione fra le varie singolarità il primo lavoro pubblicato e dedicato a Mingus ha anche il suo primo video dedicato. Giorgio Tebaldi inaugura il tutto con questa sua interpretazione di Goodbye Pork Pie Hat che apre il lavoro PORTRAIT OF MINGUS AS A MAN appena pubblicato dal trio composto da me, Mario Cianca al contrabbasso e Cristian Lombardi alla batteria.