Un Mondo che mi sorprende

Difficile pensare a questo periodo come un tempo della sorpresa.

Ho l’impressione di vivere una ridondanza continua, il perseverare negli errori dell’uomo, la perenne difficoltà alla sopravvivenza, un’etica impoverita e una sensazione di scoramento, di distanza, di lutto che non mi abbandona facilmente. Le immagini di una guerra vissuta come lo spettacolo del momento, le parole inutili, spese in analisi sterili e tronfie tipiche di chi non sta rischiando nulla. Il conto della vita umana rapportata al costo del litro del carburante, il costo dell’immaginazione deturpata di una narrazione oscena, a cui tutti siamo assuefatti.

Abbiamo deciso come NES di organizzare una serie di incontri di musica improvvisata nello spazio Ibidem. Tutti i martedì per due mesi. Abbiamo cominciato ieri con un set coordinato dalla giovane cantante Giulia Cianca. Con me e Giulia c’erano Giusy Bulotta e Luca Venitucci.

Mi sono stupito nel vedere le persone arrivare, tante e assiepate in uno spazio non grande che profumava delle grandi occasioni. Amici, colleghi, persone curiose che passavano da Roma per un paio di giorni. Per presentare la serata ho cercato di spiegare perché privilegiare la musica improvvisata in questa rassegna. L’improvvisazione è credere di poter costruire qualcosa utilizzando la fragilità, il non controllo, l’accettazione del momento e la sua trasformazione creativa. L’improvvisazione è fatta da persone prima che da musicisti, e con il loro senso etico ad essere struttura di relazione, materia prima del suonare insieme. E’ esercitare l’immaginazione, e farlo nel momento, come pratica condivisa con il pubblico. E’ donarsi, il più profondo atto di amore che io conosco. Ed il concerto è stato questo, con i suoni fragili di un set completamente acustico, fatti di soffi, respiri, armonie instabili, pulsazioni naturali, abbiamo costruito senza pausa architetture di suono, contrasti e soluzioni. Senza limite se non quello della concentrazione, del rispetto e dell’amore per l’altro. E mi stupisce ancora pensare a quella sala piena, al silenzio e l’attenzione del pubblico, al rispetto che ci hanno dimostrato.

Ritornavamo a casa, e le strade, nella mia zona, sono vene di asfalto in un cuore di terra brulla ancora.

Un’istrice al centro della strada ci ha colto di sorpresa, imponendo per un attimo di sospendere il respiro e ammirare la Natura che ai margini dell’uomo trova il suo modo di sopravvivere.

E ricucire quello strappo è necessario, ma per oggi la consapevolezza che questo tempo possa custodire ancora sorpresa mi basta, e mi spinge avanti.

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