Zebio e Miky

Un libro è sempre una storia a sé. Il caso di questo Oscar Mondadori, edizione 1976 è all’interno di una storia più grande e si lega ad un personaggio che ho incontrato per la prima volta credo venticinque anni fa.

Chi frequenta Siena Jazz (l’accademia dove insegno da un paio di anni) non può non avere incontrato Miky Blues. Con il suo carrellino giallo, perennemente assorto nella lettura di qualche libro, dispensa consigli musicali, letterari e sulla vita tutta in maniera colorita e con un accento da partenopeo mai pentito. Spesso negli ultimi mesi l’ho visto frequentare le emozioni più oscure degli uomini…Rabbia, sconcerto, disillusione, violenza (nel suo caso sicuramente solo verbale…). Ho visto la sua solitudine, ed il suo essere così caparbio da lottare per occupare quella sedia dove dentro Siena Jazz, vende i dischi agli studenti, li consiglia, li conosce, li “penetra” al primo sguardo. Un paio di settimane fa Miky mi è venuto a trovare in classe durante un’ora di pausa portandomi due libri. Voleva venderli…ed io che a poche cose non so rinunciare ed una di queste sono sicuramente i libri, ne ho preso uno, proprio quello di cui ho messo qui la copertina. Edizione 1976, e devo ammettere l’ignoranza, autore per me sconosciuto. Ma la prefazione di Pasolini mi ha incuriosito….Per cui dopo aver fatto capitolare il libro che stavo leggendo, mi sono immerso in questo piccolo capolavoro di letteratura. Una storia di “ultimi” senza eroi, senza morale, senza giudizio. Una letteratura essenziale nel suo raccontare i confini delle emozioni umane, senza colpi di scena, ma solo un movimento inesorabile verso il fondo di un abisso che ogni essere umano conosce bene. La maggior parte ne ha tanta paura che ne scappa evitando di ammettere che esista. Molti resistono e la coscienza di tale oscurità rende la loro vita una gioia continua. Troppi non ce la fanno e colano a picco, scivolando sulle pendici troppo ripide di un dolore che affabula, trasforma e deturpa i pensieri, i gesti, i respiri. La storia di questo Zebio Còtal è la storia di questo, in una cornice asciutta e imperturbabile, quella dell’Appennino tosco emiliano, descritto nel suo inesorabile essere “Natura” indifferente agli uomini e alle loro necessità emotive. Una piccola gemma di una letteratura necessaria e dirompente, che attraverso l’italiano splendido dei metà anni cinquanta, si fa amare follemente…Almeno, e questo è ovvio, da me.

Pensavo quanto le relazioni fra persone non si possano mai dire casuali fino in fondo. Miky Blues è venuto a portarmi (cosa che non fa mai….spostarsi dalla sua postazione intendo…) questa storia, convinto che l’avrei apprezzata. Ma non posso non pensare che così facendo ha portato una parte di se stesso verso di me. E’ venuto a cercarmi, ha spinto la sua energia verso di me, e mi ha consegnato una parte delle emozioni che sono convinto stia, o sicuramente abbia provato in questo periodo.

Ramingo fra le vie di un borgo medioevale che si atteggia a grande città, cerca di resistere alla tentazione di partire per consumarsi nel viaggio, scomparire in una notte di freddo e neve come capita al personaggio del libro di Cavani. E venendo verso di me, cercando questa condivisione ha agito per resistere. Ed io ne sono felice, perché come a tutti quelli che lo hanno incontrato, Miky Blues mi è profondamente caro, e al di là delle sue asperità, rimane una delle persone più sensibili al bello che io abbia mai incontrato. Per cui, ancora una volta, grazie Miky.

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