NES@IBIDEM #4

Il concerto di ieri coordinato da Giulio Tosti (con lui Ambra Chiara Michelangeli e Giulia Cianca) è stata occasione per riflettere sul classico giro di boa di questi incontri che New Ethic Society ha coordinato per Ibidem. In questo mese, oltre i concerti ed i report, abbiamo realizzato un cospicuo numero di podcast, e costruito un piccolo posto in cui realizzare l’idea dello scambio e dell’incontro con musicisti di differenti generazioni, con incontri fra persone che spesso neanche si conoscevano personalmente.

L’idea alla base di tutto questo è che lo spirito necessario per affrontare questi tempi sia basato necessariamente su un cambiamento di rotta nella gerarchia delle priorità. Investigare l’improvvisazione come strumento di conoscenza del reale, attraverso un metodo di creazione estemporanea ci sembrava il metodo giusto per innescare una condivisione di riflessioni importante nel guardare l’oggi con occhi un pò meno disillusi e profondamente umani.

L’improvvisazione è un’arte fragile, spesso non accettata per quello che è, o forse non compresa fino in fondo. E’ uno strumento di creazione dell’inutile, del fatuo per definizione. Ma è un momento in cui il respiro è condiviso, la sensazione di “essere insieme” è più forte di quella di dimostrare chi si è, di imporsi o di “vendersi” agli occhi del pubblico.

La sua funzione è evidente nel suo essere “eccedenza” nel suo non rientrare in nessun altro contenitore se non quello della cura per l’immaginazione.

Al pubblico si regala una parte di se stessi, quella che si riesce a maneggiare, ognuno all’interno della propria fragilità, del proprio sentire, del proprio investigare. E’ un’ arte intima anche se spesso “rumorosa”, e’ un atto di amore che non conosce e non deve conoscere il confine del “genere”

(inteso sia come etichetta commerciale che appartenenza sessuale dei musicisti e del pubblico) non è un “modo”, ma un “metodo”.

E ieri sera il metodo mi è apparso nella sua funzione di ricerca di sintesi, fra il suono dell’organo hammond (che il buon Giulio Tosti, organista classico ed improvvisatore di vaglia, ha usato per condizioni oggettive) ha sorpreso nel suo essere controllato in ogni suo aspetto, pronto a sostenere e a disegnare trame in cui la viola di Ambra Chiara Michelangeli ha indagato una sonorità brumosa, fatta di piccoli elementi timbrici e squarci melodici di grande concentrazione. Ed in questa diade si è inserita la voce di Giulia Cianca, con il suo incedere stentoreo, con una vocalità che ha origine nel canto antico prima che dal jazz evidentemente, con cui si piega ai molteplici aspetti dell’indagine contemporanea con grande impegno e freschezza. Ne è risultato un set di grande coerenza espressiva, quasi una forma di canto liturgico digitale, proposta di una sintesi fra sacro e profano assolutamente interessante e che ci ha regalato una prospettiva cameristica e “altra” rispetto ai primi tre concerti realizzati da Ibidem.

Siamo pronti a realizzarne altri quattro nel mese di Aprile, in cui numerose formazioni atipiche si confronteranno con questo “metodo”. Confidiamo nel pubblico che con una buona media viene a questi concerti, e che scopre con noi musiche che non potranno più essere, ma che ci hanno donato, fino a qui, momenti di umana bellezza, di cui io personalmente sono profondamente grato.

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